IL GUAIO DEI COPY È CHE SONO PIGNOLI

Per trovare un buon copywriter, all’inizio degli anni Ottanta, una celebre agenzia fondata da alcuni fra i più grandi pubblicitari del mondo ricorse ad uno strumento quanto meno curioso: un piccolo manifesto, che fece affiggere in serie nel centro di Milano. Oggi parrebbe assurdo, un simile metodo, perché i copywitrer si trovano e si vendono e talvolta si svendono (per non andare oltre) sul web. Figurarsi un manifesto! Per di più fatto di solo testo, per di più in bianco e nero.

Eppure l’iniziativa destò molta curiosità già all’epoca, quando la carta era ancora lo strumento principale della comunicazione e il web, come lo conosciamo noi oggi, non esisteva. Il motivo fu la lunghezza del messaggio. Il copywriter è un maestro di sintesi e creatività, l’agenzia di pubblicità un concentrato di idee per catturare, avvolgere e convincere. E invece un’agenzia di pubblicità (e non un’agenzia qualunque, ma la Livraghi Ogilvy & Mather) cercava un copywriter appiccicando manifestini sui muri e scrivendo un testo lunghissimo, delicato, sussurrato ma implacabile.

Beh, oggi, a distanza di quasi quarant’anni, quel manifestino resta un manifesto della professione. Da far leggere a certi clienti, ma soprattutto ai ragazzi che desiderano diventare copywriter e ai tanti falsi copy che oggi popolano il web fingendosi ciò che non sono per un motivo molto semplice: non hanno le caratteristiche elencate qui sotto. I tempi sono cambiati, la professione si è evoluta (ma se è per questo si evolve di ora in ora e domani già non sarà più quella di oggi pomeriggio), la terminologia è mutata, i media si sono moltiplicati, gli strumenti a disposizione sono praticamente infiniti. Ma l’essenza del copywriter rimane questa:

Un copywriter non è un giocatore di parole
o un inventore di fantasie gratuite.
È qualcuno che sa scrivere molto bene in italiano.
Un italiano chiaro, semplice, vivo;
mai manieristico o inutilmente goliardico.

Come tutti coloro che hanno vere capacità creative, è un pignolo.
Prima di metter mano a una campagna vuol sapere tutto
sul mercato, sul prodotto, sul consumatore.

Nella realizzazione, cura minuziosamente tutti i dettagli.

Crede nel suo mestiere, lo prende sul serio,
si impegna a fondo. Si diverte a farlo bene.

È malato di inguaribile curiosità.
Vuol sapere che cosa c’è di nuovo nella testa della gente.


Difende con chiarezza le sue idee, ma sa anche ascoltare.
Sa che in questo lavoro chi smette di imparare diventa presto inutile.

Sorride spesso. Riesce a mantenere il buonumore
anche quando un regista sbaglia una ripresa
o un cliente rifiuta una proposta.

Non si accontenta mai della mediocrità”.

 

© ProgrEdit Comunicazione

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